domenica 16 luglio 2017

Dolci Italiani




Avete ragione, non è stata un’estate ma abbandonarla è dura lo stesso. Tornano il traffico, i fidanzati che vedono quote parossistiche di calcio, le pause pranzo primitive e le dichiarazioni ottimiste di Renzi. Il prossimo break, possibilmente quello natalizio, dista ancora troppo e la depressione scalcia.

È tempo di confort food: è tempo di dolci. 

Ma siamo in Italia, ci piace complicare le cose e ovviamente ogni rione ha la sua ricetta del vostro dolce preferito. Figurarsi ogni regione. Quindi noi forziamo un po’ la mano per amore di sintesi e voi non comiciate a dire che vostra zia lo fa diverso, che il vostro panettiere ha la ricetta segreta e che lo mangiate solo in determinate condizioni.

E non cercate il tiramisù. Non lo troverete!?


SICILIA: Cassatelle

Difficile scegliere tra la mole di dolci regionali siciliani. Queste cassatelle fatte con crema di ricotta e frolla, a differenza della cassata classica, si cuociono in forno. Diffuse nella Sicilia orientale, si mangiano soprattutto a Carnevale e Pasqua. Ma perché limitarsi a quel breve periodo?

CALABRIA: Pitta ‘mpigliata

Riuscite a immaginare un tempo in cui nei contratti prematrimoniali si specificava l’obbligo di offrire un dolce tradizionale? La pitta ‘mpigliata è nata così: per suggellare l’amore tra degli sposi il dolce doveva essere fine al punto giusto, e con la farcitura perfetta, composta di uva passa, fichi secchi, pinoli, spezie e liquori.

BASILICATA: Incartellate

Diffuse anche in Puglia – dove si chiamano cartellate – questi dolcetti di pasta di farina di grano duro, olio e vino, fritti e intinti nel vincotto sono visivamente un capolavoro barocco.


PUGLIA: Taralli dolci

Alle origini dello street food non ci sono solo bombette e interiora. I taralli dolci sono l’essenza del cibo di strada dolce prima che diventasse di moda, oltre a essere uno sfizio immancabile nei giorni di festa. Preparati con acqua, farina, uova, strutto (o olio o burro) e talvolta vino, creano dipendenza quasi come quelli salati.

MOLISE: Ostia di Agnone

Da piccola mi sono chiesta spesso che sapore straordinario avesse l’ostia benedetta e se per mangiarne una si dovevano fare almeno due anni di catechismo. Sono rimasta, poi, adeguatamente delusa. L’ostia di Agnone non ha nulla a che vedere con quelle che diventano il corpo di Gesù, se non per lo spessore. Anche perché basta guardare il ripieno: trionfo di mandorle, noci e miele.

CAMPANIA: Pastiera

L’inconveniente della pastiera sono gli albumi: ne avanzano un sacco e non sempre si ha voglia di mettersi a preparare le meringhe. Ma il gioco vale la candela se l’obiettivo finale è gustare il delizioso connubio di ricotta, frolla, grano, fiori d’arancio e cedro.

ABRUZZO: Bocconotti

Diffusi un po’ in tutto il sud Italia, la patria del bocconotto è indiscutibilmente l’Abruzzo. Sono amati a tal punto che esistono da qualche anno negozi specializzati nella vendita e nella produzione dei piccoli dolci di pasta frolla, dal bellissimo nome di “bocconotterie”.
LAZIO: Mostacciuoli

Nell’Italia centrale c’è una rinomata tradizione di biscotti arricchiti con la frutta secca e il Lazio non fa eccezione. I mostacciuoli, o mostaccioli, sono piccoli dolcetti a pasta dura, aromatizzati con pepe e altre spezie, miele, nocciole, noci e, a volte, cacao.

MARCHE: Cicerchiata

Classico esempio di dolce divertente, oltre che godurioso. Non solo per le simpatiche decorazioni che i marchigiani usano incastrare tra le palline ricoperte di miele millefiori. Ma soprattutto perché richiede diverse tecniche che servono per preparare la cicerchiata: impastare, sbollentare e friggere. O no?

UMBRIA: Tozzetti

L’Umbria sta vivendo un rinascimento “tardivo” per quanto riguarda i vini passiti. Ce lo potevamo aspettare osservando la foggia dei dolcetti regionali: biscotti secchi a cui viene aggiunta frutta secca, l’accompagnamento ideale per ogni vino da dessert che si rispetti.

TOSCANA: Cantuccini

Ottimi quelli di Prato e Massa Marittima, ma non esiste panificio toscano o pasticceria artigianale senza una versione originale dei cantuccini, i famosi biscotti secchi con la mandorle intere. Capirete che fare un confronto in questo caso è roba da masochisti. Possiamo solo dire che tutti chiamano il Vin Santo.

EMILIA ROMAGNA: Scroccadenti

Un nome, un presagio. Si narra che i dentisti emiliani amino particolarmente questi dolcetti secchi a base di mandorle, miele, farina e albumi, perché contribuiscono ad aumentare il loro fatturato.

FRIULI VENEZIA GIULIA: Gubana

Dallo sloveno guba, che significa “piega”, ciò che lo caratterizza è la forma a chiocciola. Per dovere di cronaca ed evitare pacchi bomba a casa è bene distinguere la gubana friulana da quella giuliana: l’una di pasta lievitata, più simile a un panettone, l’altra realizzata con la pasta sfoglia.

TRENTINO ALTO ADIGE: Strudel

Se vi dicessi che lo strudel viene dalla Turchia? C’entrano l’Impero Ottomano, l’Ungheria e un dolce che si chiama baclava, rielaborato dagli ungheresi con le mele, assenti nella versione turca. Circa 300 anni fa ha debuttato in Europa durante i banchetti dell’Impero Asburgico. Ed è stato trionfo.

VENETO: Macafame

Nome apodittico per questo dolce di origine contadina scacciafame. Ne esistono due versioni: quella vicentina, con mele, uva passa, strutto e pangrattato e quella bellunese ottenuta lasciando il pane raffermo a bagno nel latte per una notte. In ogni caso è mattanza intestinale.

LOMBARDIA: Torta sbrisolona

Sapevate che la sbriciolosità sbricioleggiante della sbrisolona si otteneva omettendo tra gli ingredienti le uova e le mandorle (che, tra l’altro, nella versione contadina non ci sono ancora)? Questa torta secca, molto friabile, cotta con vino, anice o mandorle a seconda della zona, richiede anche una certa manualità: da preparare velocemente senza mischiare troppo gli ingredienti. Una volta cotta è impossibile da tagliare, si deve spezzare obbligatoriamente con le mani.

LIGURIA: Canestrelli

In molti si contendono la paternità dei canestrelli, ma gli scontri più feroci si svolgono nell’entroterra, in quelle colline di confine, dove la Liguria scivola pian piano verso il Basso Piemonte. Friabili e burrosi sono inconfondibili nell’aspetto: un piccolo fiore spolverato di zucchero a velo.

PIEMONTE: Bonèt

Ogni sacra cena piemontese non può che concludersi con il bonét. Specchio della cucina regionale di queste zone diversamente astemie, dove non ci si accontenta di un semplice budino ma lo si nobilita con il rum e gli amaretti.

VALLE D’AOSTA: Tegole

Non siate troppo avventati e non fatevi ingannare dalla copertura di cioccolato di alcune pseudotegole: la ricetta originale dei dolcetti – che si chiamano così per la forma che prendevano quando venivano stese sul mattarello ad asciugare – prevede mandorle, farina, zucchero e albumi. Direi che può bastare.
SARDEGNA: Seadas

Musicali come le onde del mare e belle da vedere, le seadas, o sebadas nel Cagliaritano, sono ravioli dolci di semola di grano duro e strutto, dal sapore netto e pungente regalato dalla farcitura di formaggio fresco e scorza di agrumi.

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