sabato 8 luglio 2017

Il Ramaio


Un’altra figura pressoché scomparsa è quella del ramaio (o calderaio), un autentico artista che da un semplice foglio di rame sapeva tirar fuori pentolame di ogni grandezza e varietà e tanti altri oggetti di ogni tipo. Per farli si serviva del rame. La parola rame deriva dal latino popolare aramen, a sua volta desunto dal tardo latino aeramen che si ricollega al classico aes (gen. aeris). Il rame si acquistava in fogli, si aggiustava tagliandolo con grosse cesoie e si batteva “a caldo” con il martello, aiutandosi con “forme” di vario tipo, a seconda del lavoro che si intendeva realizzare. Man mano che il lavoro procedeva si saldavano i bordi tra di loro. Il lavoro era faticoso, perché… bisognava battere il rame mentre era ancora caldo, non si poteva far freddare, ed anche perché si usavano spesso martelli grossi e pesanti. La bravura dell’artigiano si vedeva dallo spessore del manufatto, che doveva essere uniforme, dalla forma ben aggraziata e dalla precisione delle rifiniture. Una volta queste pentole rappresentavano un bene di lusso che non tutti potevano permettersi: qualche secolo fa i metalli erano cari perché di difficile estrazione e lavorazione. La gente semplice utilizzava altri materiali come il legno e la creta. Le pentole di rame erano preziose e spesso rappresentavano parte della dote di una sposa. Talvolta erano esposte e facevano bella mostra in cucina, sulla cappa del camino o su qualche parete della casa, quasi a rappresentare uno status symbol delle aristocrazie di una volta. Una parola per il paiolo: antico, ampio recipiente della tradizione contadina, che la consuetudine voleva di rame, non stagnato, con un fondo concavo a restringersi, adatto soprattutto per la preparazione della polenta… E chi non ricorda quella massa gialla, profumata, che dal paiolo rovesciato scorreva fumante sulla tavola di legno… A quei tempi la vita aveva un altro profumo! Ed anche un altro sapore…

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