domenica 19 novembre 2017

L’OMBRELLAIO

Quello dell’ombrellaio è un antichissimo mestiere, ormai scomparso. Una figura caratteristica delle epoche in cui l’economia familiare si basava sul risparmio e nulla si buttava fino al raggiungimento della completa usura dell’oggetto stesso. Anche l’ombrello, come altri arnesi di uso quotidiano, veniva conservato con cura e, quando si rompeva, veniva riparato. L’ombrellaio era l’artigiano ambulante, che riparava e rattoppava gli ombrelli che avevano ceduto alle forti raffiche di vento o si erano consumati in qualche loro parte. Egli rattoppava la tela, sostituiva le stecche, cambiava il manico e l’ombrello tornava funzionale. Durante l’autunno, cominciava a girare per le strade del paese con la sua cassetta, in cui riponeva gli attrezzi: le pinze, il filo di ferro, le stecche di ricambio, pezzi di stoffa, aghi e filo. Sedeva sulla sua cassetta di legno e cominciava il restauro. La vita dell’ombrellaio era davvero grama, i suoi clienti erano povera gente che, non potendo comprare un ombrello nuovo, gli chiedeva dei veri miracoli. Nei casi impossibili, offriva ombrelli già “rigenerati”, tenendo quello malandato per prenderne pezzi di ricambio.

L’OMBRELLAIO DEL TEMPO

L’ombrellaio del tempo camminava nello stretto sentiero del bosco. Il suo passo era lento, pesante, stentato. Ogni tanto incontrava dei sassi, talvolta riusciva a evitarli, altre volte inciampava e cadeva ferendosi. Il temporale non smetteva mai, anche il freddo era incessante. L’ombrellaio era vestito di stracci, ogni goccia era per lui una spina nella carne. Davanti a sé non vedeva altro che alberi scuri e terra, i colori il nero e il grigio. Il suo viso era triste. Nella sua tasca sdrucita teneva soltanto un ago e un filo. Quando la pioggia si tramutava in grandine e bucava l’ombrello, egli si fermava sotto a una pianta per ricucirlo. Più strada faceva e più era difficile ripararlo, i buchi erano sempre più grandi, la stoffa logora e consumata. Quel bosco sembrava non finire mai; non riusciva neppure a comprendere da quanto tempo stesse camminando. D’un tratto udì un sordo rumore e d’impulso si girò guardando alle sue spalle. Una strada luminosa e lunghissima gli apparve, i suoi occhi sembravano vedere oltre l’impossibile. Gli alberi erano verdi e il sole li scaldava, gli uccellini cinguettavano allegramente e una famigliola stava facendo un pic-nic. Dei bambini giocavano, sorridevano e correvano dietro a un pallone. L’ombrellaio si stropicciò gli occhi. Non aveva mai visto tanta allegria nel corso del suo cammino. Provò a spostarsi nella direzione opposta, ma le sue gambe non riuscirono ad avanzare neppure di un passo. Si sentì disperato al pensiero di dover riprendere il suo viaggio nella tristezza più assoluta. Pianse e si sdraiò ai piedi di un albero. Per la stanchezza si addormentò. Una fanciulla vestita d’azzurro gli posò la mano sulla spalla. L’ombrellaio aprì gli occhi e la guardò. Quella luce quasi lo accecò, tanto era splendente. La fanciulla gli disse: “Non puoi tornare nel passato e non puoi guardare oltre il sentiero. Nessuno però può vietarti di cambiare strada, di provare a girare a destra o a sinistra. Non potrai essere certo che il tuo percorso andrà meglio, ma potrai divenire artefice del tuo domani, scegliendo il tuo presente”. L’ombrellaio di colpo si svegliò. Aveva sognato. Fu tentato di guardare indietro, ma decise di resistere. In fondo, i ricordi sono da conservare; la felicità non può essere data da qualcosa che non c’è più. E poi, pensò che a volte i ricordi ci sembrano perfetti, ma non lo sono veramente. Quando la nostra mente viaggia nel passato è perché il presente è troppo cupo, avvilente! Allora si alzò, guardò il cielo, buttò via l’ago e il filo, gettò via il suo ombrello e cominciò a correre in mezzo all’erba, svoltando e cambiando tracciato ogni volta che sentiva istintivamente di volerlo fare. Mentre correva smise di piovere, incrociò per la prima volta l’arcobaleno e restò incantato da questa nuova scoperta. Quell’insoddisfazione che lo accompagnava fu scalzata da un nuovo trasporto sconosciuto, quello per la vita. Certo, ogni tanto sarebbe ricaduto in qualche buca e sarebbe stato tentato di cercare il vecchio ombrello, per ripararsi dalla pioggia. Tuttavia, avrebbe resistito, perché ora sapeva che solo con una buona dose d’audacia avrebbe potuto disporre dei mezzi per soddisfare i suoi bisogni e rallegrare il cuore.

Liberamente tratto da un racconto di Massimo Bisotti

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